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100% ITALIA   CENT’ANNI DI CAPOLAVORI

 

21 settembre 2018 / 10 febbraio 2019

idea e coordinamento   Andrea Busto

a cura di   Luca Beatrice | Lorenzo Canova | Claudio Cerritelli

Marco Meneguzzo | Elena Pontiggia | Luigi Sansone | Giorgio Verzotti

Museo Ettore Fico, Torino

sedi espositive Torino – Mastio della Cittadella, Biella, Vercelli

info http://www.museofico.it

 

di NICOLETTA ZANELLA

Un’ampia mostra ideata per raccontare, dettagliatamente, l’arte italiana nel secolo breve.

Davanti a noi si snodano 100 anni di storia dell’arte. Si parte dal 1915 per arrivare al 2015, due date che mettono in parallelo il simbolico pensiero futurista del ‘bruciamo i musei e le biblioteche’ con i tristi eventi di matrice inversa che, nel 2001, hanno davvero distrutto un patrimonio culturale dell’umanità, i Buddha di Bamiyan e, nel 2015, Ninive e il sito archeologico di Palmira.

100 % ITALIA è un’esposizione che, partendo da Torino, dove è allestita in diverse sedi, coinvolge Vercelli e Biella, proponendosi l’ambizioso obiettivo di una panoramica esaustiva dell’arte italiana del ‘900.

Ai fini di un’ordinata lettura cronologica e identitaria, si è scelto di ascrivere i vari artisti ai movimenti in cui maggiormente si sono riconosciuti, affidando ciascuna sezione a una specialistica curatela. La grandezza dei maestri si potrà quindi percepire in un unicum e in una sequenza espositiva che faranno fare al visitatore un viaggio straordinario lungo cent’anni.

Si inizia da Biella, a Palazzo Gromo Losa, con il Futurismo e al museo del Territorio, con il Secondo Futurismo, segue Vercelli con Metafisica, Realismo Magico e Neometafisica all’Arca; si arriva infine a Torino, al museo Ettore Fico, con i movimenti: Novecento, Corrente, Informale e Astrazione. Al MEF Outside troviamo la Pop Art, mentre il Mastio della Cittadella ospita l’Optical, il Minimalismo, l’Arte Povera e tutto il Concettuale. Il viaggio termina con Transavanguardia, Nuova Figurazione e International a Palazzo Barolo.

Moltissimi musei, fondazioni, archivi, gallerie, hanno aderito a questo articolato progetto coordinato dal museo Ettore Fico. Lunghissimo poi l’elenco degli artisti, che vanno da Boccioni e Balla a De Chirico e Morandi; da Casorati a Sironi e ancora da Manzoni a Fontana, Bonalumi e Zilocchi; da Paolini a Boetti e Pistoletto, in una sequenza che svela anche nomi meno noti al pubblico, mostrando un flusso creativo che porta a riflettere su quanto questo Paese non abbia mai cessato di arricchire il mondo con l’arte.

https://www.arteinworld.com/100-italia-centanni-di-capolavori-unampia-mostra-ideata-per-raccontare-dettagliatamente-larte-italiana-nel-secolo-breve/

Alberto Zilocchi – Weiss malerei

Milano – 11/04/2018 : 28/04/2018

 

L’archivio Alberto Zilocchi di Milano costituitosi nel 2016 al fine di promuovere e valorizzare il lavoro dell’artista, inaugura un’esposizione incentrata sui ‘Rilievi’, opere monocrome di forte sintesi iconica realizzate negli anni ’70 da Zilocchi, in stretto rapporto con il clima creatosi intorno ad Azimuth e al Gruppo Zero.

Nella settimana dell’evento fieristico internazionale Miart, l’Archivio Alberto Zilocchi apre la sua sede di Milano per mostrare al pubblico di appassionati e collezionisti una importante selezione dei Rilievi, opere degli anni ‘70 caratterizzate da estroflessioni che disegnano linee di sola luce sulla superficie immacolata delle tavole. Zilocchi, che realizzava i suoi rilievi generalmente su superfici quadrate, utilizzava un inconfondibile bianco acrilico, gessoso e opaco (‘non riflettente’, come lui stesso diceva). Una scelta estrema e rigorosa che ne è diventato il marchio di fabbrica                                          I Rilievi nascono nel contesto della fine degli anni ’60 quando Zilocchi (Bergamo, 1931 – Bergamo, 1991) si avvicina al Gruppo Zero di Düsseldorf che, nell’ambito delle tendenze ottico-cinetiche, proclamava artisti come Otto Piene e Heinz Mack che proclamavano un annullamento totale delle precedenti esperienze pittorico-scultoree e l’apertura di un nuovo spazio di libertà creativa (una “Zero Zone”). Accantonati i vecchi metodi espressivi e gli strumenti più consueti, le opere d’arte si aprono a nuovi materiali (inserti di plastica, metallo, superfici riflettenti) e nuovi procedimenti artistici (giochi di luci e ombre, effetti dinamici, dispositivi motori).
In quegli anni Zilocchi partecipò, tra le altre, alla prima mostra collettiva della Galleria Azimut di Milano, fondata da Piero Manzoni e Enrico Castellani con Dadamaino, Gianni Colombo, e altri e nel 1960 espose a Bergamo con Lucio Fontana.
L’evoluzione di Zilocchi lo portò poi nella metà degli anni ’70 a fondare e promuovere attivamente con Marcello Morandini, Francois Morellet, Pierre de Poorter e altri l’Arbeitskreis fur Konstructive Gestaltung (Centro internazionale di studi d’Arte Costruttiva) , fondato ufficialmente col Simposio di Anversa-Bonn del 1976 e che operò come Gruppo sino alla metà degli anni ’80 in tutta Europa con mostre personali, collettive e simposi.
La mostra è curata da Maurizio de Palma, responsabile dell’Archivio Alberto Zilocchi.
“Da sempre ho usato come mezzo espressivo quello che tradizionalmente viene chiamato basso-rilievo: da una superficie, generalmente quadrata, faccio nascere dei rilievi che creano dei pieni e dei vuoti ordinati secondo un sistema numerico.
Pieni e vuoti sono usati non in funzione decorativa ma costruttiva, per creare cioè una contrapposizione di forme che nascono da una superficie a dettare uno spazio.
Lo spessore del rilievo è “sfumato” da un massimo di alcuni millimetri a zero; si generano così due tipi di spazio: uno che algebricamente posso chiamare positivo, bloccato e concluso, l’altro a livello zero, aperto, non definito.
I rilievi sono inclinati di trenta gradi o di sessanta rispetto ai lati della superficie su cui agisco per accentuare la dinamicità dello spazio che suggerisco, il taglio, il normale mezzo con cui intervengo sulla superficie non è ferita, lacerazione, operazione fisica, ma calcolo, misura, autocontrollo: è il rifiuto di ogni esperienza istintuale.
La superficie animata dal rilievo viene coperta da uno strato di bianco non riflettente. La scelta dell’acromia corrisponde prima di tutto ad un bisogno di rendere più dinamico lo spazio definito dalle mie strutture attraverso l’azione mutevole della luce, ma anche di negare attraverso il rifiuto del colore e la neutralizzazione della materia ogni funzione edonistica all’operazione visuale.”

Italiani in trasferta. Berlino riscopre Alberto Zilocchi

di Deianira Amico.

A 25 anni dalla morte, Alberto Zilocchi torna a Berlino con una mostra personale organizzata in collaborazione con Spazio Testoni di Bologna e l’Archivio dell’artista, confermando l’interesse del mercato internazionale per l’arte italiana del secondo dopoguerra. Fu firmatario con Piero Manzoni del Manifesto del Bar Giamaica nel 1957, vicino al Gruppo Zero di Düsseldorf e membro attivo del Movimento d’Arte Concettuale Costruttivista Concreta nord europeo per tutti gli anni ’70 e ’80. Intellettuale sensibile e schivo, dopo un’iniziale attività in ambito informale Alberto Zilocchi (Bergamo, 1931-1991) si dedica negli anni ’70 al ciclo dei Rilievi – tavole in legno dalla valenza scultorea – e delle Linee – composizioni eseguite con Graphos Rotring nero su carta o su tela e realizzate con rigorosa concezione costruttiva. A questa produzione è dedicata la mostra alla Werkstattgalerie di Berlino, prima personale all’estero – organizzata in collaborazione con Spazio Testoni di Bologna e l’Archivio dell’artista – dell’artista italiano la cui vicenda artistica, rimasta silente per più di vent’anni dopo la sua morte, è una riscoperta che ha tutte le carte in regola per crescere di risonanza.

RISCOPERTE: LA STORIA DI ALBERTO ZILOCCHI DA AZIMUTH AL NEO COSTRUTTIVISMO

 

 

Milano, maggio 2016

Intervista a Maurizio de Palma, responsabile dell’archivio Alberto Ziloccchi.

Alberto Zilocchi, bergamasco classe 1931, scompare nel 1991. Artista ed intellettuale, è stato a lungo dimenticato. Oggi è tornato protagonista di momenti di mercato e di mostre alla riscoperta del suo lavoro. Attualmente è in corso una sua personale da Spazio Testoni a Bologna, mentre bollono in pentola progetti sulla piazza estera, dove l’arte italiana degli anni ’60 e ’70 è molto amata. Ne abbiamo parlato con Maurizio de Palma, collezionista appassionato d’arte italiana del periodo, il primo a mettersi sulle tracce dell’artista.

Per cominciare, chi era Alberto Zilocchi?
Alberto Zilocchi ha frequentato l’Avanguardia artistica di Milano a partire dalla metà degli anni 50’. Ha conosciuto Lucio Fontana – con il quale ha anche esposto nel 1959 alla Galleria della Torre di Bergamo – Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e soprattutto Piero Manzoni. Con Piero Manzoni ha firmato il Manifesto del Bar Jamaica nel 1957 insieme con altri frequentatori di quel famoso punto d’incontro artistico-culturale milanese, tra i quali Guido Biasi, Angelo Verga, Ettore Sordini, ed ha partecipato alla seconda mostra alla Galleria Azimut di Milano, dal 22 dicembre al 3 gennaio 1960, insieme con lo stesso Manzoni e con Anceschi, Boriani, Castellani, Colombo, Dadamaino, De Vecchi, Mari e Massironi. Avvicinatosi verso la fine degli anni ‘60 anche alle Avanguardie del Gruppo Zero di Dusseldorf, Alberto Zilocchi inizia in quegli anni a realizzare i Rilievi, opere caratterizzate da estroflessioni geometriche su superfici piane, tutte di un rigoroso ed esclusivo colore bianco acrilico opaco, su supporti lignei molto spesso quadrati come opere singole, oppure concepiti in serie, dando vita ad una rappresentazione tridimensionale dello spazio formato da linee di luce ed ombre, linee che Zilocchi talvolta definiva tagli. Grazie anche alle sue frequenti esposizioni in tutta Europa, l’evoluzione artistica di Alberto Zilocchi lo porta negli anni ’80 ad abbracciare il Movimento dell’Arte Concettuale Costruttivista Concreta Nord Europeo, divenendo membro attivo del Centro Internazionale di Studi d’Arte Costruttiva.

Ha iniziato ad avvicinarsi al mondo dell’arte come collezionista. Quando e come arriva a Zilocchi?
Ho iniziato a collezionare vent’anni fa, dai primi anni Duemila solo anni ’60 e ’70. Circa due anni fa, insieme a mio figlio Luca, mi sono messo sulle tracce dell’unico artista del bar Jamaica assente nella mia collezione. L’idea di realizzare un progetto di riscoperta e valorizzazione del lavoro di Alberto Zilocchi è venuta da sé, dopo l’incontro con la famiglia, che mi ha consentito di approfondire la conoscenza diretta delle sue opere. E’ stato entusiasmante riscoprire i suoi scritti, ritrovare alcune sue immagini fotografiche degli anni milanesi, ricordare con la famiglia quel clima che Alberto ha vissuto appieno, con l’irrequietezza dei suoi anni giovanili.

Complessivamente a quante opere ammonta la produzione artistica di Zilocchi?
Alberto non produceva opere pensando al mercato, lo conferma chiunque l’abbia conosciuto personalmente. La definizione del corpus di opere che ha realizzato è attualmente oggetto di un lavoro di ricerca per creare un catalogo ragionato che ci consentirà di gestire tutto il suo lavoro.

La prima presentazione al pubblico è avvenuta in occasione in Arte Fiera Bologna, nello stand di Spazio Testoni. Attraverso un percorso di opere dagli anni ’70 agli anni ’90 abbiamo scoperto che Zilocchi ha realizzato solo opere bianche, mentre le composizioni di pieni e vuoti sono ordinate secondo un preciso sistema numerico. Quale tecnica utilizzava?
Dopo un’iniziale attività in ambito informale, Alberto Zilocchi ha realizzato il ciclo dei Rilievi su tavole supportate da complessi telai rigidi, sempre in legno, che tengono perfettamente piane le superfici ad acrilico opaco bianco, dove si stagliano con effetto scultoreo i chiaro-scuri formati da estroflessioni. La rigorosa scelta dell’uso del bianco come sintesi di tutti i colori, mai rinnegata per tutta la sua vita, è una delle chiavi di lettura del lavoro di Alberto Zilocchi.
Negli anni ’70 e ’80 Zilocchi passa alle opere con le Linee eseguite su carta o su tela bianca, poi applicata su tavola, realizzate con Graphos Rotring nero in base a formule matematiche da lui individuate, dove la componente “casuale” ha un peso determinante. Ad esempio, l’utilizzo dei dadi che gettava sul tavolo ed il cui risultato veniva inserito nelle formule, determinava la lunghezza delle linee, la loro inclinazione ed il loro spessore.

Quali sono le ragioni per cui fino ad oggi l’opera di Zilocchi è rimasta poco nota?
Alberto Zilocchi mentre era in vita ha esposto principalmente nel Nord Europa, in Germania, Finlandia, Svezia, Polonia, Inghilterra. Ha quasi cento mostre all’attivo, la maggior parte all’estero. Non dimentichiamo che Alberto aveva aderito al movimento Neo Costruttivista, partecipando attivamente alle loro riunioni e simposi. Alla sua morte, nel 1991, la famiglia ha deciso di chiudere in un caveau tutta la sua produzione artistica, non sentendosi pronta ad una gestione del suo lavoro.

I presupposti commerciali per il successo sono stati confermati e non poteva essere altrimenti, considerato il favore del mercato per i compagni della stessa generazione di Zilocchi. Un altro dato positivo è stato l’interesse da parte di critici e direttori di museo. Si apre un interessante campo di ricerca per la ricostruzione storico-artistica del profilo dell’artista ma anche un impegno da parte vostra sul fronte di una crescente richiesta di garanzie nel mercato, attraverso l’archiviazione delle opere e la tutela di operatori e collezionisti. Quali sono i prossimi obiettivi in questa direzione?
Solo da circa due anni ho preso contatti con la famiglia ed elaborato un progetto di riscoperta e valorizzazione della sua figura artistica con un primo programma attento e scrupoloso basato su selezionate esposizioni e cataloghi monografici di progressivo approfondimento. Non ci rivolgiamo ad un mercato generalista ed indistinto, ma innanzitutto a veri appassionati e collezionisti di quegli anni mitici dell’arte italiana, quelli degli artisti del Bar Jamaica, della Galleria Azimut, del Movimento europeo Zero e della Milano vissuta dagli artisti stessi come frontiera di un nuovo linguaggio dell’arte di rottura col passato. Stiamo lavorando alla costituzione di un archivio per tutelare il mercato.

Alcune opere di Zilocchi sono già in collezioni pubbliche. Dove è possibile vederle?
Opere di Alberto Zilocchi sono conservate in diverse istituzioni italiane, come il Museo di Arte Contemporanea Villa Croce di Genova – dove si è da poco chiusa una mostra della collezione proveniente dalla donazione Ghiringhelli – o la GAMEC di Bergamo, che dispone di alcuni Rilievi di Alberto. Tra i musei del Nord Europa ricordo il Museo di Arte Moderna di Kemi in Finlandia e di Schiedam in Olanda. Diverse prestigiose istituzioni dopo l’uscita di Arte Fiera Bologna 2016 hanno chiesto opere di Zilocchi ed stiamo lavorando su queste richieste.

Anticipazioni su progetti in corso e futuri? Accennava a progetti all’estero…
Sono convinto che Zilocchi possa diventare uno degli artisti di punta del mercato italiano nei prossimi anni. Lo abbiamo già verificato sia durante che nel post Arte Fiera Bologna, con decine e decine di collezionisti già possessori di collezioni di prestigio che ci hanno cercato per approfondire il suo lavoro e per acquistare opere da inserire nelle loro collezioni. Il percorso che abbiamo delineato per i prossimi mesi prevedrà un’esposizione nel Nord Europa, probabilmente a settembre.

Mostra: Alberto Zilocchi. Rilievi e linee – intervista di Deianira Amico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PITTURA BIANCA COME ASTRAZIONE OPACA. IL GRADO ZERO DELL’ARTE

di NICOLETTA ZANELLA

E’ una storia affascinante quella dell’archivio Alberto Zilocchi (Bergamo 1931 – 1991). Fondato nel 2016 a Milano, grazie alla passione e volontà del collezionista Maurizio de Palma, ha letteralmente riportato alla luce le opere di questo significativo artista concettuale. L’attività consueta di raccolta e catalogazione dei materiali e delle opere dell’archivio Alberto Zilocchi è costantemente affiancata da un importante lavoro di divulgazione, che ne ha già visto la partecipazione a importanti eventi come WOP Art Lugano, Arte Fiera Bologna, e la mostra Iafkg-Internationaler Arbeitskreis fur Konkstruktive Gestaltunt a Berlino. L’archivio fa parte dell’asSintervista a Mauri di Espoarte D. Amico 2016ociazione archivi d’arte AITART.

L’11 aprile – nella settimana della fiera internazionale Miart –  l’archivio apre le sue porte ad appassionati, storici e collezionisti. La mostra ‘Weiss Malerei’ è un’occasione unica per ammirare opere mai esposte negli ultimi trent’anni. Incentrata sui ‘Rilievi’, bianchi monocromi di forte sintesi iconica, caratterizzati da estroflessioni che disegnano linee di sola luce sulla superficie immacolata delle tavole realizzate artigianalmente; le superfici quadrate, lavorate utilizzando un inconfondibile bianco acrilico, gessoso e opaco (non riflettente, come l’artista diceva), ne svelano la scelta concettuale estrema e rigorosa.

Zilocchi realizzò queste opere negli anni ’70, nel fertile clima di quello stretto rapporto creatosi intorno al Gruppo Zero di Dusseldorf e alla galleria Azimut di Milano, fondata da Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Alberto Zilocchi, che fu tra i sottoscrittori del famoso Manifesto del bar Giamaica, partecipò alla prima mostra collettiva della galleria assieme ai fondatori, a Dadamaino, Gianni Colombo, Manfredo Massironi e agli altri. La sua parabola artistica lo portò poi a fondare il gruppo Iafkg-Internationaler Arbeitskreis fur Konkstruktive Gestaltunt, nato ufficialmente con il Simposio di Anversa-Bonn, e che operò fino alla metà degli anni ’80 in tutta Europa.